La storia dei diamanti sugli occhi e dei piedi mancanti: ecco come i pescatori di Fano trovarono il Lisippo

La storia dei diamanti sugli occhi, i piedi mancanti: ecco come i pescatori di Fano trovarono il Lisippo (Nella foto, Athos Rosato e l'imbarcazione Ferri Ferruccio)
La storia dei diamanti sugli occhi, i piedi mancanti: ecco come i pescatori di Fano trovarono il Lisippo (Nella foto, Athos Rosato e l'imbarcazione Ferri Ferruccio)
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Giovedì 2 Maggio 2024, 17:27 - Ultimo aggiornamento: 17:38

FANO - Il primo a toccare la statua bronzea attribuita a Lisippo fu Athos Rosato: nel 1964 era il più giovane dell'equipaggio del motopesca “Ferri Ferruccio”, una delle tante barche della flottiglia fanese che esercitavano la pesca a strascico in Adriatico, ma a differenza delle altre, destinata a restare nella storia per lo straordinario ritrovamento dell'Atleta vittorioso. E proprio lui nel 2005 raccontò per la prima volta al Corriere Adriatico l'eccezionale esperienza al nostro Massimo Foghetti.

La prima domanda è di prammatica: dove è stato pescato il Lisippo?

«Secondo i miei calcoli il punto si trova a 43 miglia dal Conero e a 27 miglia dalle coste della Croazia».

Come fa a dirlo con certezza?

 «Si trattava di una zona in cui andavamo spesso a pescare, anche se era molto rischiosa per gli attrezzi da pesca.

Il fondale marino era infatti cosparso di scogli che offrivano un buon rifugio ai pesci, che quindi si trovavano in quantità; ma sugli scogli spesso si impigliavano anche le reti che quindi si tiravano a bordo con larghi squarci. Era uno scotto da pagare di cui tenevamo conto, ma se volevamo tornare in porto con la stiva piena di pesce, dovevamo per forza affrontare quei rischi. E' stato proprio in quel punto che una mattina d'estate, impigliato tra le reti apparve il Lisippo».

«La rete allora veniva trainata a bordo attraverso l'albero di prua e agganciata dalla lima di piombo vedemmo questa grossa statua coperta di incrostazioni avanzare versi di noi: capimmo subito che si trattava di un rinvenimento eccezionale. Io stesso, insieme ad un altro marinaio l'adagiai a ridosso della prua, dove non dava fastidio alle operazioni di pesca che, comunque dovevano continuare».

Cosa ci dice degli occhi e dei piedi mancanti?

«Al posto degli occhi la statua aveva due buchi neri: la storia dei diamanti è una favola che qualcuno ha diffuso a posteriori. I piedi mancavano; ma notammo subito che dove terminava il moncone delle gambe, il bordo era lucido, non incrostato come il resto della superficie; segno inequivocabile che le estremità erano rimaste sul fondo del mare e si erano rotte nel momento in cui la rete era stata tirata a bordo. A mio parere si trovano ancora là, sulla barca insieme alla quale la statua è affondata. Non è un caso che al termine della calata successiva quello stesso giorno tirammo a bordo cinque o sei anfore di un tipo molto comune. Per appurare la vera natura del metallo della statua, che qualcuno a bordo aveva ipotizzato fosse d'oro, un componente dell'equipaggio raschiò un piccolo tassello sul ventre del reperto, asportando le incrostazioni, ma appurò che esso era di bronzo»

Come riusciste a portarla in terra?

«La avviluppammo in una rete che si era rotta nel corso di una presura negli scogli della zona di cui ho detto: la depositammo per qualche giorno nell'orto di casa dell'armatore (Valentina Magi, di Fano; ndr); poi quando la curiosità divenne eccessiva la trasferimmo in un luogo vicino a Carignano, dove fu sepolta sotto terra».

Come avvenne il primo contato con il compratore?

«Accertato l'interesse di un certo Barbetti di Gubbio, gli fu mostrata la statua tramite una fotografia scattata con la polaroid, ma egli volle visionarla di persona. Venne a Fano, gli bastò esaminare un particolare del volto e subito esclamò “Questa è opera di Lisippo, lo riconosco dal profilo del naso!” e la comprò per poco più di tre milioni di lire». Probabilmente era un esperto d'arte, ma anch'egli non ebbe una giusta idea del valore della statua che poi fu venduta, qualche anno più tardi per venduta per oltre 7 miliardi al Getty Museum.

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